Una nuova visione per l’Europa

Nell’attuale dibattito politico, anche in relazione alla formazione del nuovo governo presieduto dal Prof. Draghi, si parla molto di Euro e di Unione Europea. Tuttavia, la costruzione dell’Europa è ancora incompleta. 

Allo stato attuale la UE garantisce libertà di circolazione delle persone, delle merci e dei capitali. Inoltre, c’è un bilancio comune al quale i Paesi contribuiscono e dal quale ricevono sovvenzioni per le proprie imprese e le proprie infrastrutture.

Tutto ciò non basta. Innanzitutto è necessaria una riforma del mandato della Banca Centrale Europea, la quale non dovrà più basare la politica monetaria unicamente sul controllo dell’inflazione, ma anche su parametri legati all’andamento dell’economia e della disoccupazione, in linea con il mandato della Federal Reserve americana. Sarebbe quindi auspicabile l’adozione dell’Euro da parte di tutti i Paesi membri dell’UE. 

Inoltre è necessaria una profonda revisione dei meccanismi di funzionamento delle istituzioni europee, a partire dalle modalità di elezione del Parlamento europeo. Se si vuole davvero avvicinare l’Europa ai cittadini, è fondamentale che già dalle prossime elezioni tutti i cittadini dell’Unione possano scegliere fra partiti e raggruppamenti pan-europei, ciascuno dei quali esplicita in anticipo il proprio candidato Presidente della Commissione Europea, sulla base del metodo degli “Spitzenkandidat” adottato nel 2014 e poi purtroppo abbandonato.       

Il Parlamento Europeo dovrà poi procedere ad una profonda opera di armonizzazione nei campi della Giustizia, del funzionamento della Pubblica Amministrazione, della Tassazione e della Sicurezza a livello europeo. Tutto questo è nell’interesse nazionale dell’Italia, dato che per noi questa armonizzazione dovrà comportare un taglio della pressione fiscale fino alla media europea, uno snellimento della burocrazia ed un miglioramento della Giustizia.

Solo così l’Europa potrà davvero competere con le altre potenze mondiali. Questa pandemia, infatti, ha impietosamente messo a nudo i limiti del nazionalismo e la necessità non più rimandabile di creare filiere produttive strategiche a livello europeo che non dipendano da altre potenze, in primis la Cina, che prima ci ha “regalato” il Covid-19, e poi ci ha venduto dispositivi medici (a volte nocivi e non certificati) che l’Europa non era in grado di produrre. Sarà necessario difendere le produzioni strategiche europee anche con i dazi.

Solo così l’Italia potrà fare buon uso dei fondi del Recovery Fund, convincere i propri partner europei a centralizzare il finanziamento del bilancio comune europeo, diminuire permanentemente le differenze di spread fra i costi di finanziamento dei vari Paesi, e scongiurare un futuro di povertà e bassa crescita.

Per realizzare tutto questo servono persone competenti e motivate, che provengano anche e soprattutto dal mondo dell’impresa che costituisce la vera spina dorsale dell’economia italiana. Servirà poi presentarsi alle prossime elezioni politiche e creare una forza in Parlamento coesa e determinata a perseguire, sia a livello interno sia a livello internazionale, tutti gli obiettivi fin qui descritti.

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